È logico che le polemiche continuino ed è giusto, poiché la legge 194, come tutte le leggi, certo, dell’ordinamento italiano è passibile di miglioramenti e cambiamenti. Per esempio, una delle motivazioni più cogenti che avevano portato all’approvazione della legge era la motivazione sociale. La legalizzazione dell’aborto avrebbe portato alla fine dell’aborto clandestino e avrebbe aiutato le coppie che erano costrette a questa pratica per difficoltà economiche. Ebbene, la pratica della legge 194 in questi decenni ha dimostrato che gli aborti clandestini non sono affatto scomparsi, anzi sono aumentati, e , soprattutto che le motivazioni sociali erano una semplice scusa, per giustificare quello che di fatto si è imposto in questi anni come una pratica di contraccezione come tante altre.
Intendo dire che una coppia decide di abortire così come prendere una pillola o un
preservativo, con la stessa noncuranza, senza preoccuparsi minimamente se viene soppresso uno spermatozoo oppure un feto già sviluppato. Si chiudono gli occhi davanti ai documentari che mostrano il feto già formato, in grado di muoversi, respirare e bere il liquido amniotico in quella fase del suo sviluppo in cui è permesso abortire.
Meglio chiudere gli occhi, meglio non vedere certe realtà.
Ora, la recente proposta condivisa dal ministro della salute di far pagare il ticket per il secondo aborto mi pare del tutto lecita. Se mi faccio una distorsione ed ho bisogno di una tac o di una radiografia, pago il ticket. Ora perché qualcuno, che ha tra l’altro già usufruito di una prestazione sanitaria totalmente gratuita nel caso del primo aborto, non dovrebbe pagare il ticket per la seconda? Non potrebbe essere questo un sano deterrente per evitare che l’aborto continui ad essere, come di fatto è per alcuni, una pratica contraccettiva?
La dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’ONU afferma che ”Ogni individuo ha diritto alla vita ,alla libertà e alla sicurezza della propria persona”.
Ora, chi potrebbe affermare che un feto al terzo mese di gravidanza non è un uomo? Lo sanno le famiglie che abortiscono che quel feto ha un cuore? Lo sanno che potrebbero far nascere un bambino, non riconoscerlo, ed in base alla ottima legge italiana sull’adozione, quel bambino sarebbe subito affidato ad un famiglia disposta ad allevarlo, senza avere più neanche la possibilità remota di conoscere i suoi genitori naturali?
Quanto all’aborto legalizzato per i figli imperfetti, cioè portatori di handicap, sembra proprio che la nostra civiltà sviluppata voglia tornare ai tempi di Sparta, quando i bambini malformati venivano soppressi!
Perché allora non considerare sgradito non solo un feto, ma anche un figlio già nato, per gli stessi motivi per cui è previsto l’aborto “terapeutico”?
In una bellissima canzone di Madonna, “Papa, don’t preach” c’è condensato quello che penso sull’aborto: una giovane figlia chiede a suo padre, che vorrebbe farla abortire, di accettare la sua decisione di fare la ragazza madre e far nascere quel bimbo nato da una relazione estemporanea, piuttosto che far trionfare il perbenismo, che vorrebbe mettere a tacere motivi di pubblica vergogna. In definitiva, è più importante salvare la faccia o salvare una vita?
Indicazioni bibliografiche